
Genova. Una disastro annunciato quello del ponte Morandi. Un ponte che fin dalla sua inaugurazione ha fatto sempre discutere. Il viadotto fu soggetto a interventi di risanamento sin dagli anni settanta per via della fessurazione e del degrado del calcestruzzo. Inoltre, per via di un'errata valutazione degli effetti di viscosità del calcestruzzo, che causò spostamenti differiti delle strutture dell'impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale, il piano viario del ponte si presentava con molteplici alti e bassi anziché orizzontale. Solo negli anni ottanta ripetute correzioni di livelletta portarono il piano viario a condizioni accettabili di semi-orizzontalità. Il viadotto era considerato da molti obsoleto anche dal punto di vista della portata di traffico. Secondo uno studio della Società Autostrade del 2009, il ponte portava 25,5 milioni di transiti l'anno, con un traffico quadruplicato negli ultimi 30 anni e "destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni". Lo studio sottolineava come il volume del traffico, con code quotidiane alle ore di punta all'estremità per l'innesto sull'autostrada Serravalle, producesse "un intenso degrado della struttura sottoposta ad ingenti sollecitazioni", con la necessità di una continua manutenzione.
Fra gli ultimi interventi, nel 2014 alcuni lavori "di routine" da parte della Società Autostrade, e nel 2016 alcune opere di messa in sicurezza. In ultimo, Autostrade per l'Italia aveva indetto nei mesi scorsi un bando di gara da 20 milioni di euro per "interventi di retrofitting strutturale del viadotto Polcevera" con scadenza all'11 giugno 2018 come termine ultimo per la presentazione delle offerte. In particolare, gli interventi di adeguamento del viadotto prevedevano "il rinforzo degli stralli di pila numero 9 e 10 poiché quelli di pila 11 sono stati oggetto di rinforzo già negli anni 90". L'intervento doveva consistere nella "disposizione di nuovi cavi esterni che vanno dal traversone dell'impalcato fino alla sommità delle antenne" del ponte. Il viadotto Polcevera, conosciuto come ponte Morandi per via del progettista, l'ingegnere Riccardo Morandi, era stato costruito tra il 1963 e il 1967 dalla Società Italiana per Condotte d'Acqua. A causare il tragico crollo nella mattinata di martedì, che ha causato decine di vittime ancora in fase di accertamento, potrebbe essere stato un cedimento strutturale, avvenuto nel tratto che sovrasta via Walter Fillak, nella zona di Sampierdarena. Il ponte, lungo 1182 metri e alto 45, era stato costruito con una struttura mista: cemento armato precompresso per l'impalcato e cemento armato ordinario per le torri e le pile. L'inaugurazione era avvenuta il 4 settembre 1967 alla presenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, facendo discutere fin da subito gli ingegneri, che ne avevano presto individuato le nefaste criticità.
Il professore dell'Università di Genova Antonio Brencich aveva messo in dubbio la sostenibilità della struttura in una profetica intervista di due anni fa. "Il crollo di un ponte - sottolineava Brencich - è la somma una lunga serie di errori, progettuali, di manutenzione e di chi eventualmente ha autorizzato il transito di mezzi pesanti, senza alcuna cautela: ad esempio, basta far passare i carichi al centro della struttura perché la portata sopportabile aumenti di oltre il doppio". Fino agli anni 50 i ponti italiani delle strade principali erano progettati per reggere un carro armato M4 Sherman. Gran parte dei ponti e viadotti sono stati infatti costruiti tra gli anni 50 e 60; la manutenzione, salvo poche eccezioni, è stata carente, perché si è sempre preferito destinare più fondi sulle nuove opere. "Per legge i ponti devono reggere due volte e mezzo la portata autorizzata. - sosteneva Brencich - Inoltre il degrado impiega da 10 a 20 anni a determinare cedimenti strutturali e dà segnali premonitori molto evidenti. Quindi, quando un ponte crolla, qualcosa deve per forza non aver funzionato. Il cemento armato non è eterno.".